Ricorso per  la  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  (c.f.
80188230587), in persona del Presidente del Consiglio attualmente  in
carica, rappresentata e difesa per mandato  ex  lege  dall'Avvocatura
Generale dello Stato (c.f.  80224030587),  presso  i  cui  uffici  ha
domicilio in Roma, via dei Portoghesi n. 12  (fax  0696514000  -  PEC
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), ricorrente; 
    Contro Regione Toscana, in persona del  Presidente  della  Giunta
Regionale attualmente in carica, resistente; 
    Per l'impugnazione  e  la  dichiarazione  di  incostituzionalita'
dell'art. 3, comma 1, della Legge Regionale Toscana 30 dicembre  2014
n. 88, pubblicata sul B.U.R. n. 66 del 31 dicembre  2014,  avente  ad
oggetto «Modifiche  alla  legge  regionale  12  gennaio  1994,  n.  3
(Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n.  157  -  Norme  per  la
protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il   prelievo
venatorio»).  Disposizioni  in  materia  di  ambiti  territoriali  di
caccia. 
    Con legge 11 febbraio 1992 n. 157 lo Stato ha dettato  norme  per
la protezione della fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il  prelievo
venatorio, in attuazione e recepimento delle direttive comunitarie. 
    La  disciplina  statale   prevede   che   tutto   il   territorio
agro-silvo-pastorale  nazionale   sia   soggetto   a   pianificazione
faunistico venatoria, finalizzata - per quanto  attiene  alle  specie
carnivore - alla conservazione delle effettive capacita' riproduttive
e al contenimento naturale, e - per quanti attiene alle altre  specie
- al conseguimento della densita' ottimale e alla  sua  conservazione
mediante  la  riqualificazione  delle  risorse  ambientali  ed   alla
regolamentazione del prelievo venatorio. 
    La pianificazione in questione e' demandata alle regioni ed  alle
province, che vi provvedono destinandovi  in  modo  differenziato  il
proprio territorio  con  le  modalita'  fissate  dalla  stessa  legge
statale. 
    La legge statale impone che il territorio agro-silvo-pastorale di
ogni regione sia destinato per una quota del  20/30  per  cento  alla
protezione della fauna  selvatica  (intendendosi  per  protezione  il
divieto di abbattimento e cattura ai fini venatori)  e  consente  una
destinazione dello stesso territorio, fino ad un massimo del  15  per
cento,  a  caccia  riservata  a  gestione  privata  e  a  centri   di
riproduzione della fauna selvatica. 
    Sulla restante  parte  del  territorio  regionale  devono  essere
promosse forme di gestione programmata della caccia; ed ai fini della
pianificazione generale  del  territorio  le  regioni  stesse  devono
predisporre piani  faunistico  venatori  articolati  per  comprensori
omogenei. 
    Le modalita' di pianificazione del territorio per  consentire  la
gestione programmata  della  caccia,  fissate  dalla  legge  statale,
prevedono che ogni regione ripartisca il territorio stesso in  ambiti
territoriali  di  caccia  (ATC);  detti  ambiti  devono   essere   di
dimensione sub provinciale, possibilmente omogenei  e  delimitati  da
confini naturali. 
    Ogni ambito territoriale di caccia, una volta  individuato  dalla
regione, riceve dal Ministero delle Politiche Agricole un  indice  di
densita' venatoria minima (risultante dal rapporto tra il numero  dei
cacciatori e il territorio agro-silvo-pastorale  nazionale),  cha  ha
validita' quinquennale. 
    Una volta conosciuto  l'indice  di  densita'  minima  dei  propri
ambiti territoriali di caccia, le regioni approvano ed  applicano  il
piano faunistico venatorio ed il relativo regolamento di  attuazione,
anch'esso modificabile e revisionabile ogni cinque anni. 
    Per recepire le disposizioni della legge  nazionale,  la  Regione
Toscana  ha  emanato  la  legge  regionale  12  gennaio  1994  n.  3,
successivamente piu' volte modificata. 
    All'art. 11 la legge regionale prevedeva, in piena  coerenza  con
la norma nazionale, che  gli  ambiti  territoriali  di  caccia  (ATC)
avessero dimensione sub  provinciale,  con  confini  e  denominazione
individuati nel piano faunistico venatorio provinciale. 
    La legge regionale n. 88 del 30  dicembre  2014,  pubblicata  sul
BURL Toscana n. 66 del 31  dicembre  2014,  ha  modificato  la  legge
regionale n. 4/1994 con diverse disposizioni. 
    In particolare, l'art. 3 ha  integralmente  sostituito  il  testo
dell'art. 11 della legge precedente prevedendo, tra l'altro, che  gli
ambiti territoriali di caccia (ATC)  sono  nove  e  con  confini  che
coincidono con quelli delle province; la loro denominazione e' quella
della citta' capoluogo della provincia  sul  cui  territorio  insiste
l'ambito. 
    In sostanza, il territorio dell'ambito di  caccia  si  identifica
fisicamente, in tutto e per tutto, con il territorio  della  relativa
provincia venendo meno il carattere  sub  provinciale  che  la  legge
statale e la legge regionale previgente avevano stabilito. 
    La Presidenza del Consiglio dei ministri ritiene che questa norma
leda il riparto della potesta' legislativa tra Stato e  Regioni  come
fissato  dalla  Costituzione,  e   pertanto   propone   la   presente
impugnazione affidata al seguente 
 
                               Motivo 
 
    Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  3  della  Legge  della
Regione Toscana 30 dicembre 2014, n. 88, in riferimento all'art. 117,
comma 2, lettera s) della Costituzione. 
    Sotto la vigenza dell'art. 117 della Costituzione prima della sua
riforma ad opera della legge costituzionale n. 3/2001, la  disciplina
della caccia era materia affidata per le regioni a Statuto  ordinario
alla potesta' legislativa concorrente, e dunque per essa  la  regione
poteva  emanare  norme  nel  rispetto  e  nei  limiti  dei   principi
fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato. 
    In tale contesto, la legge 11 febbraio 1992 n. 157 aveva  assunto
la forza e la natura della legge quadro dettando, anche in attuazione
della normativa comunitaria, i principi fondamentali della materia  e
demandando  alle  regioni  la  loro  realizzazione   attraverso   una
vastissima  gamma  di  poteri  legislativi  e  regolamentari  con  la
connessa dotazione di funzioni amministrative. 
    Come  tale  essa  era  stata  considerata  dalla   giurisprudenza
costituzionale nel valutare il canone  di  legittimita'  delle  norme
emanate dalle regioni a statuto  ordinario  enucleandone  i  principi
fondamentali (v. ad es. Corte Cost.  30  dicembre  1997  n.  448  nei
riguardi della Regione Liguria), senza tralasciare i  suoi  connotati
di legge di grande riforma economico sociale affermata nel  giudicare
la legittimita' delle norme emanate dalle regioni a statuto  speciale
aventi in materia potesta' legislativa esclusiva  (v.  ad  es.  Corte
Cost. 12 gennaio 2000 n. 4 nei  riguardi  della  Regione  Sicilia,  e
proprio sul punto della  consistenza  territoriale  degli  ambiti  di
caccia, e Corte Cost. 210/2001). 
    Nell'attuale assetto costituzionale,  in  cui  la  materia  della
caccia - non demandata alla potesta' legislativa dello Stato - spetta
alla competenza esclusiva  delle  regioni,  occorre  valutare  se  le
singole norme configgano o meno con la riserva statale. 
    Si tratta quindi di vedere se  la  norma  regionale  Toscana  qui
denunciata, nella parte in cui individua  l'estensione  degli  ambiti
territoriali di caccia  in  perfetta  coincidenza  con  l'area  delle
provincie cosi' superando il vincolo di  sub  provincialita'  imposto
dall'art. 14 della legge n. 157/1992, leda le prerogative dello Stato
nel legiferare nelle materie di sua  competenza,  ed  in  particolare
nella  materia  della  tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema.  La
disciplina   statale   rivolta   alla    tutela    dell'ambiente    e
dell'ecosistema puo' infatti incidere sulla materia della caccia  ove
l'intervento dello Stato sia rivolto a garantire  standard  minimi  e
uniformi di tutela della fauna  (Corte  Cost.  20  dicembre  2012  n.
5368). 
    E circa la portata lesiva della norma qui denunciata, la risposta
non  puo'  che  essere  affermativa,   proprio   sulla   base   della
considerazione che  tale  elemento  territoriale  ha  ricevuto  dalla
giurisprudenza costituzionale. 
    La Corte Costituzionale infatti, nella citata sentenza n.  4/2000
ebbe ad affermare che la legge n. 157/2000 e' tesa  a  perseguire  un
punto di equilibrio tra il primario obiettivo della salvaguardia  del
patrimonio  faunistico   nazionale   e   l'esercizio   dell'attivita'
venatoria, e che momento essenziale di tale equilibrio (che si  attua
attraverso  una  corretta  programmazione   della   caccia)   e'   la
valorizzazione dei  caratteri  di  omogeneita'  del  territorio,  che
appunto portano alla corretta delimitazione degli ambiti territoriali
di caccia. 
    In  questa  ottica,  la  configurazione  prevista   dalla   legge
nazionale  di  ripartizioni  territoriali  quanto  piu'  vicine  agli
interessati - nell'ottica del miglior rapporto tra il  cacciatore  ed
il territorio stesso, nonche' della valorizzazione  del  ruolo  della
comunita' ivi insediata e chiamata a gestire le  risorse  faunistiche
attraverso gli organi direttivi degli ambiti - appare un elemento  di
assoluta rilevanza tale da giustificare come essenziale la dimensione
sub provinciale degli ambiti di caccia. 
    E di conseguenza e' stata ritenuta costituzionalmente illegittima
la norma regionale che - in modo del tutto identico  a  quello  della
legge qui denunciata - aveva previsto ambiti territoriali  di  caccia
di  estensione   corrispondente   a   quella   delle   provincie.   E
l'affermazione appare tanto piu' significativa  quanto  si  consideri
che essa e' stata resa, prima della riforma costituzionale del  2001,
nei confronti di potesta' legislativa regionale esclusiva. 
    In  sostanza,  la  dimensione  sub   provinciale   degli   ambiti
territoriali  di  caccia  e'  la   sola   che   consente   la   piena
valorizzazione delle peculiarita' ambientali, naturalistiche ed umane
del singolo  contesto  spaziale,  e  che  pertanto  costituisce  dato
fondamentale della regola statale, perche' realizza in  pieno  quelle
esigenze di omogeneita' del territorio, di ottimalita'  del  rapporto
tra cacciatori ed estensione superficiale e di  partecipazione  della
collettivita' locale, che  secondo  la  valutazione  del  legislatore
nazionale sono fattori essenziali di tutela della fauna. E la  tutela
della fauna e' elemento irrinunciabile del  piu'  ampio  concetto  di
tutela dell'ambiente  e  dell'ecosistema,  compito  indiscutibilmente
riservato allo Stato. 
    Si  consideri  che  l'Istituto  Nazionale  Fauna  Selvatica  (ora
ISPRA), nel «Documento Orientativo per i  criteri  di  omogeneita'  e
congruenza per la pianificazione faunistico venatoria», da  un  punto
di vista squisitamente tecnico individua una dimensione ideale  delle
ATC compresa tra un minimo di alcune migliaia di ettari ed un massimo
di 10.000/15.000 Ha. E tale orientamento tecnico scientifico e' stato
recepito nella scelta dimensionale degli ATC operata dal  legislatore
statale. 
    Ora, estendere l'estensione degli ambiti territoriali  di  caccia
oltre la dimensione prevista dal legislatore appare misura che incide
in  modo  inammissibile  su  quelle  esigenze   di   tutela   perche'
compromette quel requisito di omogeneita' di  habitat  che  la  legge
considera essenziale ai fini della tutela  faunistica.  Requisito  di
omogeneita'  che  certamente  non  e'   ravvisabile   in   estensioni
territoriali di dimensioni superiori, e soprattutto  in  presenza  di
territori provinciali - come quelli  della  regione  Toscana  la  cui
ampiezza  e  varieta'   di   contesti   naturali   e'   garanzia   di
eterogeneita'. 
    Ne' vale ad  attenuare  il  giudizio  negativo  sul  piano  della
legittimita' costituzionale la  previsione,  nel  corpo  della  norma
denunciata, della possibilita' di istituzione  di  sottoambiti;  tale
«apertura», infatti, per le sue caratteristiche future, eventuali,  e
come tali incerte, non e' idonea a  garantire  il  conseguimento  dei
fini di tutela perseguiti dalla norma statale (v. ancora Corte  Cost.
12 gennaio 2000 n. 4 in presenza di analoga  previsione  affidata  al
potere assessorile). 
    Si aggiunge che l'art.  14  della  legge  n.  157/1992  non  solo
individua una dimensione sub  provinciale  come  estensione  ottimale
degli ambiti, ma impone che essi siano definiti da confini  naturali;
con il che appare impossibile per la singola regione  far  coincidere
gli ambiti stessi con il territorio di una provincia,  delimitato  da
confini politici. 
    Il concetto e' stato di recente ancora una volta  ribadito  dalla
giurisprudenza  costituzionale  che  ha  ritenuto  costituzionalmente
illegittima, proprio per  i  motivi  sopra  esposti  e  richiamati  e
proprio in relazione all'art. 117, comma 2,  lettera  s),  l'art.  43
della legge n. 10/2004 della Regione Abruzzo che aveva  indebitamente
accorpato - addirittura in un unico comparto regionale -  il  proprio
territorio  agro-silvo-pastorale   ai   fini   della   programmazione
dell'attivita' venatoria (Corte Cost.  17  giugno  2013  n.  142)  in
violazione  del  principio  di  tutela  della  fauna   selvatica   di
competenza dello Stato e vincolante per le regioni.